Centro Culturale "Mons. Lorenzo Bellomi"

Cosa vuol dire oggi difendere la vita?

Prof. Lucetta SCARAFFIA Docente di Storia Contemporanea presso l'Università di Roma "La Sapienza" - Membro del Comitato Nazionale di Bioetica
Giovedì 19 febbraio 2009 - ore 18.15
Palazzo dei Congressi "Stazione Marittima" - Trieste


Abbiamo avuto ospite la professoressa Lucetta Scaraffia.

Quello che segue è un pezzo scritto dalla professoressa Marina Del Fabbro, reasponsabile cittadino dell'UCIIM relativamente all'incontro.


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Cosa significa oggi difendere la vita?

E’ questo il tema affrontato lo scorso 19 febbraio dalla Prof. Lucetta Scaraffia, docente di Storia Contemporanea alla Sapienza di Roma e membro del Comitato di Bioetica, alla Stazione Marittima davanti a un numeroso pubblico.

L’incontro, organizzato dal Centro Culturale Bellomi con la collaborazione di numerose altre associazioni cittadine (Scienza e Vita, AMCI, Medicina e Persona, CUES, UCIIM, Federvita), era già stato pensato alla fine dell’estate ma è tornato di drammatica attualità a seguito del caso Englaro. La relatrice, tuttavia, ha preferito affrontare l’argomento della difesa della vita in termini valoriali, invitando a non cadere nella trappola di chi propone all’attenzione pubblica casi obiettivamente molto dolorosi e difficili come quelli Welby o Englaro, per far leva su elementi emotivi.

Al contrario, alla luce del primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, deve essere riaffermata la parità quanto a libertà, diritti e dignità di tutti gli esseri umani. E ciò va fatto, anche da parte cattolica, a partire da posizioni razionali: quelle di fede non sempre sono convincenti nemmeno per gli stessi cattolici e certamente non per tutti.

E’ però altrettanto irrinunciabile, ha sottolineato la relatrice con convinzione, che uno Stato elabori e proponga orientamenti etici imprescindibili per tutti, senza lasciare al singolo individuo una presunta libertà di autodeterminazione, perché ciò scardinerebbe l’autenticità della coesione sociale: una nazione, infatti, si qualifica e si connota proprio per avere una visione condivisa sull’interpretazione dell’uomo, della sua dignità, della vita e della morte. Se ciò non fosse, una nazione non sarebbe più autenticamente tale.

La relazione ha poi analizzato altri tratti distintivi della nostra epoca, quali la diffusa ma altrettanto superficiale mentalità darwiniana per cui un uomo non differirebbe in modo sostanziale dall’animale, o l’utopia della felicità da realizzare tramite l’eliminazione del dolore, con la selezione eugenetica o l’uccisione dei malati. O ancora la pesantissima pressione esercitata da una parte del mondo della politica e dell’economia che spingono opinione pubblica e operatori sanitari a ritenere opportuno limitare l’allungamento della vita: non per reali convinzioni umanitarie o etiche, ma unicamente per motivi di bilancio e demografici: l’aumento del numero di malati e anziani sta diventando economicamente insostenibile.

Un cenno infine alla realtà femminile: nemmeno le donne, cui fisiologicamente sembrerebbe competere la tutela della vita, sono più in grado di farlo, avendo perso negli ultimi decenni, in nome di un malinteso femminismo, la loro specificità femminile di generatrici di vita.

Marina Del Fabbro

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Questa la trascrizione dell'incontro.

Quello che segue è una parziale rassegna stampa relativa all'incontro.

Il Piccolo del 19 febbraio 2009.

Il Piccolo del 20 febbraio 2009.

Il settimanale diocesano "Vita Nuova" del 27 febbraio 2009.

La professoressa Lucetta Scaraffia nel corso dell'incontro.


Un momento dell'intervento.

Il pubblico nella sala Oceania del Palazzo dei Congressi "Stazione Marittima" di Trieste.

Domanda dal pubblico.

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